La ripartenza del CSI? Responsabile, rispettosa delle norme
E così, gli organismi sportivi, invece che fare rete e provare a sostenere le ragioni della ripartenza dello sport in sicurezza come strumento di salute fisica, psicologica e sociale, si dividono per l'ennesima volta in una guerra fratricida che non fa altro che rendere tutti più deboli, meno credibili e autorevoli di fronte alle istituzioni che devono decidere le norme che regoleranno la nostra vita nei prossimi mesi.
Anche il CSI - sarà perchè da sempre punto di riferimento fra gli EPS seri, responsabili e con orientamento etico spiccato verso l'educazione dei giovani e la centralità della persona piuttosto che verso il risultato sportivo - viene colpito da maldicenze, supposizioni, invidie, gelosie, disinformazione. Anche peggio, delazioni verso autorità pubbliche (quelle sbagliate fra l'altro, in tema di competenze di intervento). E allora ci tocca ribadire ancora una volta, che il CSI ha la responsabilità sociale e sanitaria come faro della sua azione fin dall'inizio della pandemia. Si dovrebbe sapere (anche se spesso si sa solo quello che si vuole e conviene) che il CSI su tutto il territorio nazionale ha sospeso praticamente da subito nel marzo 2020 tutte le attività di allenamento e campionati delle società affiliate. Ha tenuto duro con responsabilità quando molte federazioni e alcuni enti hanno continuato con le attività. Ora, nessuno si azzardi ad ipotizzare che il percorso del CSI è solo qualcosa meno del massimo della responsabilità possibile.
Quello che sta succedendo invece è semplicemente questo, ricostruiamolo per i più distratti. Le norme nazionali da DPCM prevedono la possibilità di ripartenza per le attività sportive di interesse nazionale riconosciute dal CONI. Dopo 13 mesi di fermo pressoché totale il CSI ha inviato al CONI la sua proposta di selezione di attività di interesse nazionale, come tanti altri enti e federazioni (e molto tempo dopo tanti enti e federazioni). Il CONI dopo averla analizzata, dopo aver chiesto integrazioni e dettagli, l'ha pubblicata e legittimata come ufficiale e vigente ai sensi del DPCM in corso di validità. Quindi la ripartenza di allenamenti (e più avanti i campionati... fra almeno un mese! Quando magari la situazione sanitaria sarà migliorata! E in caso negativo potremmo rimandare ancora....) è completamente legale, responsabile, fattibile, ragionata e sensata. Sia perché i protocolli del CSI sono validati scientificamente dall'Università Cattolica, sia perchè i requisiti posti in essere dallo stesso CSI sono particolarmente stringenti e oggettivi anche in altri campi (formazione, accoglienza, controlli, ecc ecc).
Noi crediamo quindi che il non detto che guida gli attacchi al CSI - dietro la post verità della negazione dell'emergenza sanitaria (noi??? sicuri di aver letto le nostre carte?) sia un altro. Ovvero la solita presunzione che l'attività fatta negli enti valga meno di quella fatta in federazioni e dintorni. Probabilmente in chiave olimpica sarà anche così. Ma lo scopo del fare sport ora è portare pochi singoli a giocare in serie A e vincere una medaglia mondiale? O le priorità ora sono cambiate? Lo sport del csi è educazione dei giovani, socializzazione, centralità della persona, insegnamento delle regole e crescita individuale e di gruppo. E' contrasto alle sociopatie da isolamento e DAD, alle dipendenze digitali da iperconnessione in tempo di COVID, all'esplosione dei casi di obesità fra quegli adolescenti che da adulti pagheranno un prezzo carissimo per aver saltato due stagioni sportive nel bel mezzo del loro sviluppo fisico, psicologico e sociale.
Forse è sfuggito che prima delle indicazioni CSI, è uscito pubblicamente nientemeno che il CTS, che nel documento validato dai suoi membri e presentato al governo scrive che si ritiene “particolarmente importante il ritorno alla fruizione delle attività fisiche, soprattutto nei soggetti in età evolutiva e negli individui con patologie croniche e negli anziani". L'ha detto il CTS, che gestisce la risposta sanitaria alla pandemia, non il Centro Sportivo Italiano.
E' per questo che il CSI - in modo completamente legale e rispettoso delle norme vigenti - ha pensato che fosse ormai tempo di pensare alla ripartenza. Perchè i danni collaterali da COVID19 rischiano di essere incalcolabili e i giovani, che non hanno lobby, sindacati, rapprensentanze capaci di fare confusione in piazza, saranno i più colpiti. Non ci sentiamo irresponsabili o negazionisti, anzi: esattamente il contrario. Ora come ora c'è bisogno più che mai del nostro sport, delle nostre società, dei nostri allenatori, educatori, volontari, arbitri e dirigenti. Ma io temo che chi ci critica in fondo questo lo capisca: e che i tentativi di boicottaggio e delazione siano invece frutto di motivazioni molto più prosaiche come tessere, affiliazioni, quote da restituire, difficoltà organizzative per ripartire. Al di là del fatto che non siamo partiti per primi ma abbiamo seguito fedelmente la strada tracciata in primis da importantissime federazioni nazionali, e quindi magari qualcuno dovrebbe citofonare prima che a noi ai propri colleghi federali, ribadiamo che bastava fare una telefonata in CSI per avere tutte le delucidazioni del caso, con chiarezza, gentilezza e disponibilità. Si sarebbero anche potute cercare soluzioni comuni, costruire proposte condivise da sottoporre alle autorità competenti per prendere in considerazione anche la ripartenza dello sport. Invece si preferisce la facile, triste (e perdente) strada della delazione. Ma sulla pelle degli sportivi, non sulla nostra. Ed è per questo che continueremo a cercare di trovare opportunità per fare sport rispettando la legge, le disposizioni CONI, i DPCM, con responsabilità, secondo scienza e coscienza come accade da oltre 75 anni, per l'educazione e la crescita dei nostri giovani, già così duramente colpiti dalla pandemia.